RIFLESSIONI…

Anoressia? Ragazze affamate d’amore
La ‘fame’ di sentirci amati che tutti abbiamo, tra le ragazze si trasforma sempre più frequentemente in fame di cibo. Che fare?

Di Maria Cristina Corvo

FABRIANO, 02 Febbraio 2015 (Zenit.org) – “All’inizio del 2013 mia sorella decise di perdere qualche chilo. Ma siccome, dimagrendo, riceveva i complimenti di tutti, lei ci prese gusto e continuò la ‘sua’ dieta. Arrivò a perdere 10, poi 15 kg. Centellinava il cibo. Correva in modo forsennato. Però mi sembrava così serena che volevo convincermi che fossi io a crearmi dei problemi.

Oggi mia sorella pesa poco più che 40 kg e quando si confida con me mi fa paura! E’ come se si fosse creata una spaccatura tra ciò che lei prova e ciò che di lei appare. Fosse per lei, non mangerebbe più.  Si sente sola, è convinta che nessuno si preoccupi per lei e che la sua vita faccia schifo. Crede di essere brutta e pensa che la sua vita sia inutile. Vede tutto nero ed è convinta che andrà sempre peggio. Vorrebbe qualcuno che la amasse così com’è.

Io vorrei far leggere i suoi messaggi a mamma e papà, ma loro sono ansiosi ed ho paura che peggiorerebbero solo la situazione. Mia sorella vorrebbe sentirsi amata ma, contemporaneamente, si è chiusa a riccio e non permette a nessuno di avvicinarla. Che posso fare?”

Caro Davide, tu hai già intuito che l’anoressia è una malattia dell’amore. Un amore che non è stato ricevuto o non è stato dato, nel modo giusto. Di anoressia e di bulimia si muore. Dall’anoressia e dalla bulimia si guarisce. Ad un patto però: si deve capire la vera causa!

In apparenza, infatti, sembra che tutto il problema ruoti intorno al cibo (un cibo fagocitato, vomitato, cercato ossessivamente o poi gettato), ma in realtà non è così. Accanto all’ossessione per il cibo, cresce parallelamente quello per il peso ed il corpo. Ogni pesata sulla bilancia assomiglia ad un verdetto divino. Ma ciò che si vede non è che il sintomo di un grido interiore che urla: “Ho un disperato bisogno di amore! Ho paura degli altri perché ho il terrore di non essere apprezzata, stimata, amata!”. L’anoressia e la bulimia sono il sintomo di un dolore interiore nascosto anche per anni.

La tua sorellina è come il gattino piccolo che ho nel giardino: si arrampica come un razzo sull’albero più alto, per fuggire alla grande paura del cagnolino che ogni sera entra nel giardinetto. Da lassù lo vede abbaiare e lui si accomoda sempre più su quel ramo. Da lì si sente protetto e gli sembra di tenere tutto sotto controllo. Guarda quasi con sufficienza il pericolo.

Proprio come certe ragazze anoressiche che ogni tanto incontriamo nel cammino. Le riconosciamo a colpo nudo; avanzano ossute e senza sorrisi, ostentando il loro corpo eroso dal digiuno e perennemente in lotta con il cibo per poter avere tutto sotto controllo.

Ad un certo punto, però, sono come il gattino che vorrebbe scendere dall’albero ma non sa più come tornare sul prato della vita normale. Inizia così a fare sforzi immani per restare in equilibrio sul ramo, perché la caduta potrebbe essere mortale. Se poi scendesse; apriti cielo! Il cagnolino potrebbe rifarsi vivo!

Le ragazze anoressiche e bulimiche sono perennemente sotto sforzo perché per loro, la malattia è sia una scelta che una cura.

Il controllo sul cibo dà loro la sensazione di poter condurre una vita all’insegna della purezza, del distacco e dell’autonomia assoluta. Chi riesce a non mangiare pensa di non aver bisogno di nulla e si illude di non aver bisogno di nessuno. Come il gattino sull’albero, si illude di non aver bisogno di normali relazioni di amore e di una vita quotidiana serena.

Ma poi basta un piccolo problema che tutto il castello crolla. Il ramo scricchiola e il rifiuto del cibo si trasforma nella voglia di possedere tutto il cibo del mondo. Tutto viene divorato e poi eccolo che arriva: il senso di colpa!

Via di corsa, allora, a ripristinare il controllo della vita! Gettano fuori il cibo e che il vomito indotto porti via con sé quel momento di debolezza personale. E avanti di nuovo col digiuno, il controllo, il distacco, il perfezionismo…

C’è bisogno di anestetizzare il dolore. C’è bisogno di fermare l’urlo di dolore che vuole uscire dall’anima. Per questo quello che ti scrive tua sorella è importantissimo: sta facendo uscire, pian piano (anche se solo con te) la sua voglia di sentirsi amata. Il suo bisogno di essere l’unica per qualcuno.

E se ti scrive che ha bisogno di amore vuol dire che sta capendo che stare per sempre sul ramo dell’albero, non è vita. C’è bisogno di altro.Ogni creatura umana ha bisogno di Vita e di Amore.

Aveva ragione Madre Teresa: “La peggiore malattia oggi è il non sentirsi desiderati né amati, il sentirsi abbandonati. Vi sono molte persone al mondo che muoiono di fame, ma un numero ancora maggiore muore per mancanza d’amore. Ognuno ha bisogno di amore. Ognuno deve sapere di essere desiderato, di essere amato, e di essere importante per Dio. Vi è fame d’amore, e vi è fame di Dio”.

In giro c’è una terribile fame di Dio! «Come la cerva desidera i corsi d’acqua, così l’anima mia anela a te, o Dio. L’anima mia è assetata di Dio, del Dio vivente; quando verrò e comparirò in presenza di Dio?» (Sal 42:1-2).

Quindi Davide, prega per tua sorella. Entra in contatto con Colui che è capace di guarire ogni anima in crisi d’astinenza di amore. E Lui la guarirà. Guiderà la sua vita verso incontri positivi; le darà il coraggio di aprirsi a bravi terapeuti e l’aiuterà ad alzare lo sguardo verso il Cielo.

«Ogni cosa è compiuta. Io sono l’alfa e l’omega, il principio e la fine. A chi ha sete io darò gratuitamente della fonte dell’acqua della vita»(Ap 21:6)

La radice di tutte le guerre: da quelle personali a quelle mondiali

E’ facile parlare di pace o sperare passivamente (e in verità con poca convinzione) in un mondo meno violento, è invece molto più difficile essere protagonisti di un cambiamento che porti giorno dopo giorno alla pace. Tale difficoltà non è solo una questione di intenti, ma deriva principalmente dalla mancata comprensione di quale sia la radice da cui partono tutte le guerre, da quelle piccole e personali verso una persona o un gruppo di persone, a quelle di portata ben più ampia, come le guerriglie, il terrorismo o un vero e proprio conflitto armato tra nazioni. La causa primaria che porta all’odio, al rancore, al disprezzo, al distacco, al sentirci “al di sopra” e “migliori” degli altri, sino a sfociare in atteggiamenti o comportamenti violenti, è il credere che noi stessi, o il gruppo di cui ci sentiamo parte, abbia il monopolio del bene e che l’oppositore o gli oppositori siano la vera incarnazione del male.

A titolo di esempio, ad un amico, che sta vivendo da molti anni una situazione fortemente conflittuale e sofferente con una persona, ho detto che “le croci si fanno sempre con due linee”, intendendo che ciascuno di noi è “sempre” protagonista attivo delle relazioni umane che costruisce, sia che esse vadano in una direzione positiva piuttosto che, come in questo caso, in una direzione di sofferenza e di disprezzo. Lui mi ha risposto che in quella croce ha messo la parte buona, intendendo che lui ha messo il bene e l’altra persona il male: questo significa che non ha ancora capito che è proprio questo suo pensiero ad impedirgli di uscire dalla situazione sofferente che sta vivendo (e probabilmente di tante altre che ha vissuto e che continua a vivere).

Qualcuno, leggendo queste mie riflessioni, potrebbe obiettare che ci sono situazioni in cui è evidente chi ha torto e chi ha ragione. La mia risposta è che anche i terroristi credono di aver ragione, tant’è che il gruppo di cui si sentono parte li considera “eroi”, mentre il resto del mondo li chiama “criminali”. Ma allora dove sono il bene e il male?! Sicuramente sono entrambi nei nostri cuori e non esiste alcuna persona che abbia in sé solo il bene o solo il male: questo pensiero è il punto di partenza per cominciare a lavorare per la pace interiore e interpersonale.

La stessa cosa vale a livello di convivenza tra popoli e nazioni. In una proposta di pace inviata quest’anno all’ONU, è scritto:

«L’idea che la propria fazione avesse il monopolio del bene e che gli oppositori fossero la vera incarnazione del male fu il fulcro dello scontro ideologico che divise il mondo durante tutta la guerra fredda, e dopo oltre due decenni dalla fine di quel conflitto continua ancora a persistere sotto varie forme. Lo vediamo ad esempio nelle dichiarazioni secondo cui coloro che praticano una particolare religione rappresentano un pericolo che assume le sembianze della minaccia del terrorismo, o nell’accettazione di discorsi e atti criminali dettati dall’odio e diretti verso una particolare etnia o cultura a causa di timori di instabilità sociale, o nella tendenza a limitare la libertà della popolazione e ad anteporre la sorveglianza ai diritti umani in nome della sicurezza nazionale.
Pur riconoscendo la legittimità delle preoccupazioni riguardanti il terrorismo, l’instabilità sociale o la sicurezza nazionale, finché il nostro impegno a farvi fronte avrà radice in una visione del mondo che suddivide la popolazione nelle categorie rigide di bene e male, l’inevitabile risultato sarà quello di alimentare ulteriormente le fiamme della paura e della diffidenza, con il conseguente inasprirsi delle divisioni all’interno della società.
Troppo spesso chi è convinto della propria bontà finisce per manifestare quelle stesse caratteristiche – disprezzo per l’umanità e i diritti umani, ad esempio – che trova così ripugnanti in coloro che etichetta come malvagi».

E’ più che mai necessario un modo di pensare che vada oltre la biforcazione radicale tra bene e male. Anche coloro che si stanno impegnando per qualcosa di positivo o che lottano per difendere e diffondere un’idea buona, portano sempre dentro di sé il potenziale per un intento e un’azione malvagia, perché tale è la natura umana. Allo stesso tempo, anche coloro che stanno facendo qualcosa di molto brutto, orrendo e violento, hanno sempre in sé qualcosa di buono e la capacità di agire per il bene, grazie a un cambiamento profondo della loro determinazione interiore.

E’ il tempo di portare le nostre menti a pensare al di là del bene e del male, del giusto e dello sbagliato: questi aspetti contrapposti (che non sono mai verità assolute, ma giudizi soggettivi) sono in realtà sempre copresenti.

Impegnamoci per la pace,
Francesco Galgani,
25 maggio 2014

 

http://www.informatica-libera.net/content/la-radice-di-tutte-le-guerre-da-quelle-personali-quelle-mondiali

Sono poche le sentinelle che non sono abbioccate e urlano, molti fanno dei sogni profondi e si fermano alle facciate dei templi pensando che essere cristiani sia riscaldare un banco

 

 

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LE COEUR A SES RAISONS QUE LA RAISON NE CONNAIT PAS

Cominciare da se stessi, ma non finire con se stessi; prendersi come punto di partenza, ma non come meta; conoscersi, ma non preoccuparsi di sé (Chiara Giuria)

RIEMPITE GLI AEREI E PORTATECI
“Che cosa può venire di buono da Nazareth?” Che cosa può venire di buono da Debrezeit, da Addis Abeba, dai villaggetti africani? Noi siamo venuti a dare, a portare! A noi c’è rimasta questa idea che i missionari,
le missionarie sono quelli che vanno a portare aiuti.
Dovremmo dire ai missionari:
“Quando tornate qui da noi, in Europa, riempite gli aerei, riempite le navi, portateci…
portateci…vi preghiamo, dei pacchi dono…
perché stiamo morendo non di fame, ma morendo di tutti questi grandi valori.
Mandateci, pacchi dono di speranza, di fiducia,
di solidarietà, che qui si muore”.
Una piccola nube si nasconde sugli irreprensibili, in Bartolomeo: la riluttanza a ricevere.
Dite la verità, non avete mai affermato anche voi:
“Che cosa può venire di buono da Nazareth?”
Forse questo è il vostro peccato, piccolo quanto volete,
ma che vi colloca tra gli ultimi, pure voi.
Vi siete esercitati solo a dare, a ricevere no.
Da un drogato può mai venire qualcosa di buono?
Da una prostituta? Da un avanzo di galera?
Che cosa puo’ dare mai un marocchino, se non un pericolo di infezione?
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Un albero che è stato trapiantato non vacillerà, anche in presenza di forti venti, se vi è un solido palo che lo sostiene. Ma anche un albero cresciuto nella sua sede naturale può crollare se le sue radici sono deboli. Anche una persona debole non cadrà se coloro che la sostengono sono forti, ma una persona di notevole forza, se si trova sola, potrebbe perdere l’equilibrio lungo un sentiero accidentato.

Georges Ivanovitch Gurdjieff: “L’uomo vive in uno stato di costante ipnosi…. Per l’uomo, svegliarsi significa essere “disipnotizzato”…. Teoricamente lo può fare, ma praticamente è quasi impossibile…. Per svegliarsi, l’uomo ha bisogno di qualcosa che possa scuoterlo in maniera forte…. Un uomo dunque, che vuole svegliarsi, deve cercare altre persone che vogliono anch’esse svegliarsi, al fine di lavorare con loro….”

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ESPRIMERSI

Il lutto può creare una serie di emozioni complesse o tristi. Potresti sentire una tristezza terribile, senso di perdita, rabbia. Potresti sentire diverse emozioni in conflitto tra loro tutte in una volta o passare da uno stato d’animo all’altro, sentendoti come se fossi stato gettato nel mezzo di una tempesta.

Come affrontare queste emozioni e come eprimerle al meglio? potresti ritrovarti a reprimere le emozioni per paura di mettere in imbarazzo te stesso o gli altri. Potresti assumere un comportamento coraggioso di chi sta lottando per farcela, dicendo agli altri che stai bene.  Cosa succede se vengo sopraffato dai miei sentimenti? E se mi sommergesse come un maremoto??

Per molti, mostrare le emozioni – soprattutto quelle negative  – va contro la propria educazione  e la propria cultura. Spesso ci preoccupazioni di essere fastidiosi o del fatto che la gente potrebbe stimarci di meno se non riusciamo a controllarci….

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COME PREGARE SEMPRE

Santa Teresa d’Avila consiglia, qualora non si riesca a praticare costantemente l’esercizio della presenza di Dio, di ricordare il Signore almeno qualche volta: «Se può, lo ricordi spesso ogni giorno, o almeno di tanto in tanto; e, fattane l’abitudine, presto o tardi ne caverà profitto. Dopo aver ottenuto questa grazia, non vorrà cambiarla con alcun tesoro.”

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QUALI POSSONO ESSERE I COMPITI EVOLUTIVI CHE GLI ANNI DI MEZZO CI ASSEGNANO O NEI QUALI NOI VOGLIAMO RICONOSCERCI DAL PUNTO DI VISTA DELLO SVILUPPO PERSONALE??

PECK PROPONE UN AMPLIAMENTO, UN APPROFONDIMENTO DEGLI STUDI DI ERISKSON, IL QUALE SOSTENEVA CHE IL COMPITO FONDAMENTALE DELLA MEZZA ETA’ E’ QUELLO DI RISOLVERE IL CONFLITTO FRA GENERATIVITA’ ED AUTO-ASSORBIMENTO, VALE A DIRE LA CONCENTRAZIONE SU NOI STESSI E SULLE NOSTRE ESIGENZE CHE DIVENTANO IL CENTRO DELLA NOSTRA VITA, DEI NOSTRI PENSIERI E DELLE NOSTRE EMOZIONI.

PECK RITIENE CHE QUESTA DESCRIZIONE SIA TROPPO POVERA IN UN CERTO SENSO E DICE CHE GLI ANNI DI MEZZO IN REALTA’ COMPORTANO DIVERSI CAMBIAMENTI DAL PUNTO DI VISTA PSICOLOGICO. IN PRIMO LUOGO, PROPRIO CONNESSO AL CAMBIAMENTO DELLE FORSE FISICHE, AL DECLINARE O AL PRIMO DECLINARE DELLE FORZE FISICHE, UNA MAGGIORE STIMA DELLA SAGGEZZA RISPETTO ALLA FORZA FISICA. NON A CASO ALCUNE MALATTIE CHE COMPAIONO NELLA MEZZA ETA’ POSSONO PORTARE A GALLA PROBLEMI PRECEDENTEMENTE RISOLTI.

NEL CORSO DELLA VITA, CAMBIAMENTI POSSONO RENDERE NUOVAMENTE ATTUALI PROBLEMI PRIMA RISOLTI. PENSIAMO PER ESEMPIO AD UNA PERSONA CHE HA PERSO LA MOGLIE, IL PROBLEMA DELL’INTIMITA’ , AFFETTIVITA’ E FISICO, IL PROBLEMA PRECEDENTEMENTE RISOLTO NELLA PRIMA VITA ADULTA, PUO’ RIPRESENTARSI. LA PERSONA INFARTUATA DEVE FARE I CONTI CON PROBLEMI DI DIPENDENZA CHE INVECE PROBABILMENTE AVEVA GIA’ RISOLTO FIN DALLA TARDA ADOLESCENZA. E PERTANTO NON SI PUO’ PENSARE CHE GLI STADI DELLA VITA ADULTA SIANO PASSATI UNA VOLTA PER TUTTE. GLI EVENTI DELLA VITA POSSONO RIPORTARCI A VIVERE PROBLEMI CHE AVEVAMO IN QUALCHE MODO RISOLTO O NON RISOLTO E A DOVERLI RIAFFRONTARE NEL CORSO DEGLI EVENTI CHE CI CAPITANO.

QUESTO E’ IL MOTIVO PER CUI PECK RITIENE CHE GLI STADI DELLA VITA ADULTA COSI’ COME SONO STATI APPUNTO PROPOSTI ORIGINARIAMENTE,  SIANO STATI DESCRITTI TROPPO SEMPLICEMENTE.

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